sabato 31 maggio 2008

Lettera mai consegnata.

Lettera mai consegnata, ma di un'importanza simbolica estrema: Etta riesce a voltare pagina, dopo averle prese di santa ragione da un capitolo della sua vita che, per anni, non si è deciso a darle tregua.

30 Marzo 2006

Ben arrivato all'ultimo cd di Vasco!

Probabilmente per un po' ne avrai le scatole piene e non vorrai neanche sentirlo nominare!! Ma fidati che ne valeva la pena, avere tutta la sua discografia. Primo perchè è un GRANDE (e non si discute), secondo perchè tempo fa, dopo l'Heineken, mi hai detto che non sei mai stato a un suo concerto e, anche se so che ascoltare dei cd non è proprio la stessa cosa, almeno così ti avvicini un po' all'atmosfera.. Vabè, lasciamo perdere questi miei deliri e passiamo ad argomenti più sensati, tipo il perchè di queste righe. Ma forse neanche questa è una cosa molto sensata. Mi è venuto in mente di allegare qualche parola ai cd stamattina, mentre stavo facendo un giro in bici sui colli (c'ho la schiena un po' incriccata e non riesco a correre, per questo mi son data alla bici..). Non ti so dire quale folle associazione d'idee mi ha acceso la lampadina, so solo che dopo 5 minuti la pensavo già diversamente e mi dicevo: "Che cosa cavolo avrai da scrivergli e, soprattutto, cosa cavolo ti fa pensare che lui abbia tempo e voglia di mettersi a leggere i tuoi viaggi mentali?!". Poi, dopo altri 5 minuti, ero di nuovo punto e a capo e così fino a poco fa, quando ho preso carta e penna e ho pensato: "Scrivere quello che mi passa per la testa non mi costa niente, al massimo poi strappo tutto e gli do solo i cd, come da copione". E allora mi sono ricordata dell'ultima - e unica - volta in cui t'ho scritto una lettera; più di un anno fa, mi sembra. Anche in quell'occasione non avrei mai creduto di dartela e invece mi sono ritrovata nell'imbarazzantissima situazione di te che la leggevi davanti al mio naso... che scena assurda, se ci penso mi vien troppo da ridere! Ma d'imbarazzo nei tuoi confronti ne ho sempre avuto da vendere.. un po' perchè sono io fatta così, timida e paranoica fino al midollo.. un po' perchè anche tu, mio caro, non scherzi micca col tuo sguardo glaciale e quel modo di startene sulle tue.. Se non ricordo male me l'hai detto tu che ti chiamano "iceman", quindi sono più che giustificata!! No, vabè, a parte gli scherzi.. credo che l'imbarazzo rispondesse più che altro a quel "qualcosa" di cui ti ho accennato in un messaggino dei primi di Gennaio, quando cercavo di spiegarti perchè t'avevo scritto certe cose a capodanno. Dopo non ci siamo nè visti nè sentiti per più di 2 mesi e quella spiegazione è rimasta buttata là, in un esse emme esse. Forse è anche per questo che ora ti scrivo, perchè ci tengo a dire che non sono una pazza furiosa che a capodanno (un po' brilla, pure) ti manda quasi a cagare dicendoti che te la tiri, il giorno dopo ti spiega che c'è un "qualcosa" che ti riguarda che le frulla per la testa e poi, quando ti rivede, è allegra e felice come se niente fosse. Adesso che ci penso, però, probabilmente non c'è neanche bisogno che ti chiarisca dei concetti. Magari (e dico magari!!!) sei intelligente e ci sei già arrivato da solo a capire che in fondo non ha senso spiegare un bel niente. Io per prima non so cosa mi passa per la testa, non so cosa sia quel "qualcosa", non so nemmeno se esiste davvero. Magari è solo uno dei miei viaggi. Col fatto che tra noi non c'è mai stata una logica, ogni volta che ti risentivo, e mi accorgevo che mi faceva piacere (così come non sopportavo il tuo sparire per mesi.. eh sì, te la tiri troppo iceman!), credevo chissà cosa.. e magari, invece, era solo, appunto, piacere di risentirti. Poi a me non va di insistere, di fare la rompipalle (anche se, alla fine, lo sono uguale..lo so) e allora anch'io non mi facevo viva, di risposta. Ragionamento da cinna, forse - Ventu me lo diceva sempre che ero una cinna.. - ma vedendoti abbastanza distaccato e sentendomi ancora una merda per com'è andata all'inizio fra di noi, mi sono auto-frenata ripetendomi che il mio numero e il mio indirizzo li conosci, se hai voglia di sentirmi o vedermi sai dove trovarmi. Ciò che forse mi ha sempre fatto credere che tu avessi quel "qualcosa" di speciale è stato il fatto che non mi sono mai piaciuti i rapporti a metà, ma con te non mi sono mai comportata di conseguenza. Voglio dire, se uno è mio amico ci esco, lo vedo spesso, ci parlo. Se uno non lo è, anche se non lo vedo spesso sto bene uguale. Con te invece non sono stata coì categorica e il fatto di non poterti definire nè in un modo nè in un altro mi ha fatto viaggiare con la mente.. te l'ho detto che sono paranoica. Ma sai, quando comunque senti di tenerci ad una persona, fai sempre fatica a non trovarle un posto nella tua vita. E io mi sono intestardita nel volertene trovare uno a tutti i costi.. dovevi essere o bianco o nero, nessuna sfumatura intermedia. Quando poi dopo settimane tornavi fuori, mi riproponevo di fare la dura, quella forte, ma ogni volta ricadevo in paranoie inutili. Alla fine ho capito che, così come è palese che io non ho un posto nella tua vita (posto di qualunque tipo), era stupido volerne trovare uno per te nella mia. Che sì, insomma, come dice Vasco, VA BENE, VA BENE COSI'.. Se è scritto che io e te ci dobbiamo vedere a distanza di mesi, fare le nostre belle chiacchiere, mandarci 2 sms ogni tanto, va benissimo così e al diavolo tutto. Forse sbagliavo quando paragonavo quel famoso "qualcosa" ad una specie di faccenda in sospeso, stile fantasma che resta in vita fin tanto che non ha chiuso il suo conto con il passato. Per un pezzo mi sono illusa che ci fosse sul serio una questione non conclusa, forse semplicemente mi piaceva crederci.

Bè, alla fine un senso a questa lettera l'ho trovato (vedi canzone n°12 di questo cd): mi è servita a dimostrarti che, nonostante tutto ciò che è successo da quando ci siamo conosciuti porterebbe a credere il contrario, non sono del tutto fuori di testa!!! Anche se temo che rileggendola mi accorgerò di aver fatto dei gran discorsi senza senso. .
Dai, adesso ti lascio in pace iceman.. alla prossima!

Un bacio.

venerdì 30 maggio 2008

Poco fa ho...



Poco fa ho mangiato la prima pesca di stagione. Come sempre ho espresso un desiderio e mi sono stupita nel ritrovarmi ad essere, almeno in questa circostanza, semplicemente egoista. Almeno una volta, eccheccavolo. Da piccolina, quando mangiavo la prima fragola o la prima ciliegia, era sempre e soltanto uno l'augurio che, chiudendo gli occhi, cullavo tra i pensieri: che nel mondo finisse ogni guerra e regnasse la pace. Non che fossi chissà quale bimba particolarmente buona e generosa..probabilmente, fosse stato per me, avrei chiesto altro. Ma avevo come la sensazione che ci fosse qualcuno, un signore molto grande e molto importante, che poteva ascoltarmi esprimere il desiderio e rimproverarmi, se non avessi pensato prima agli altri che a me stessa. Poi sono cresciuta e le guerre, invece di sparire, sono cresciute con me. Non ho smesso di sperare, solo mi sono detta che, forse, un piccolo desiderio espresso in occasione di un piccolo morso ad un piccolo frutto non avrebbe mai avuto il potere necessario per cambiare addirittura la situazione mondiale. Mi sono anche detta che in fondo, se quel signore esisteva per davvero, poteva comunque leggermi dentro e sapere che un pensiero per chi sta peggio di me l'avevo e l'avrei sempre conservato. E allora tanto valeva passare ad ambiti più ristretti, più personali, più strettamente inerenti al mio piccolo mondo. Stringi stringi eccomi arrivata alla pesca di oggi e al desiderio che l'ha accompagnata: un desiderio non soltanto personale, ma proprio intimo intimo. Con una consapevolezza in più: che per aiutarlo a diventare realtà, adesso che sono grande, tocca anche a me.

giovedì 29 maggio 2008

Mi sono attrezzata.

Mi sono attrezzata. Oggi ho comprato un cardio-frequenzimetro per le mie corse. Oltre a sentirmi modernissimamente tecnologica - uuuh yeeeaaaahh -, mi sento pure un po' emozionata. E' un mio difetto, questo di riuscire a trovare un motivo di riflessione anche nelle cose apparentemente più semplici, più logiche e più concrete di questo mondo. Il fatto è che, d'ora in poi, avrò questa specie di orologio al polso collegato al mio cuore. Tum tum tum.. registrerà ogni battito, ogni accelerazione, ogni rallentamento. Si metterà addirittura a suonare - e credo pure a vibrare - quando il ritmo scenderà sopra o sotto i livelli pre-impostati. E già questa cosa che devo essere io a scegliere quanta fatica far sopportare al mio bum bum, insomma, non è mica roba da niente.. non ci sono abituata, ecco, a tenerlo sotto controllo con tanta precisione. Ma poi, dico io, la vera novità per me è un'altra. E' l'avere questo filo diretto col cuore, che mi destabilizza un po'. Quand'è stata l'ultima volta che mi sono fermata un attimo ad ascoltarlo? Mesi fa? Naaaa, è passato molto più tempo. Non sono stata molto presente nei suoi confronti; non l'ho lasciato sfogare come meritava, quando mi martellava impazzito nel petto; non l'ho lasciato libero di godersi in santa pace certi momenti di tranquillità, avevo sempre altre preoccupazioni o paranoie da rifilargli. Io, se fossi il mio cuore, mi sarei già stufato..avrei chiuso atri e ventricoli, raccolto vene ed arterie e mi sarei trasferito altrove. Magari nel petto di una di quelle persone perfettamente razionali, fredde quanto basta, che sanno vivere matematicamente la loro vita. Ad ogni modo, forse già da domani avrò modo di passare un po' più di tempo con lui, di rivolgergli qualche piccola attenzione, magari rallentando un po' il passo quando me lo chiede. Non è molto, posso fare di più, lo so.. ma intanto è già qualcosa.

mercoledì 28 maggio 2008

Una sera di...

Una sera di qualche settimana fa P. mi ha chiesto di portargli "Il Piccolo Principe". Era tanto che non vedevo quel libro, perchè mesi fa l'avevo prestato a M. e non era più tornato ad occupare il suo posto nella minuscola - non per mia volontà - libreria della mia camera. Quella sera, però, sia io che P. ci siamo dimenticati di lui, che è rimasto ad aspettare pazientemente in macchina. E così il giorno dopo era di nuovo a casa, tra le mie mani. Sfogliandolo mi sono resa conto di averne dimenticato molte parti, mi sono resa conto che era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta che mi ero lasciata rapire da lui. Così mi sono presa qualche minuto per sfogliare almeno le pagine iniziali e mi sono imbattuta nella dedica di Antoine De Saint-Exupéry, che voglio riportare:

A LEONE WERTH
Domando perdono ai bambini di aver
dedicato questo libro a una persona
grande. Ho una scusa seria: questa per-
sona grande è il miglior amico che abbia
al mondo. Ho una seconda scusa: que-
sta persona grande può capire tutto,
anche i libri per bambini; e ne ho una
terza: questa persona grande abita in
Francia, ha fame, ha freddo e ha molto
bisogno di essere consolata. E se tutte
queste scuse non bastano, dedicherò
questo libro al bambino che questa
grande persona è stato. Tutti i grandi
sono stati bambini una volta. (Ma pochi
di essi se ne ricordano). Perciò correggo
la mia dedica:
A LEONE WERTH
(quando era un bambino)


Ho deciso di rileggermi tutto il libro, perchè devo assolutamente controllare una cosa. Leggendo questa dedica, infatti, mi è venuto l'atroce dubbio di non essere più in grado di capire un libro per bambini. Più in generale, di aver perso buona parte di quell'ingenuità e di quella bontà che solo i bambini sanno avere, di essere diventata un po' troppo cinica e sbrigativa per accorgermi delle sfumature. Non credo lo sopporterei, mi metterebbe molta tristezza. Ma non perchè imputi questa presunta superficialità a certe esperienze di vita che possono avermi cambiato.. non mi ritengo assolutamente vissuta fino a questo punto - e comunque, sono troppo romanticaidealistasognatriceconlatestacostantementetralenuvole per poter smettere di sognare del tutto. Quello che mi dispiacerebbe sarebbe, piuttosto, dover riconoscere che, alla fine, questo mondo frettoloso e luccicante di oggi ha avuto la meglio su semplicità, spontaneità e tolleranza. Che, alla fine, siamo tutte marionette nelle mani di un burattinaio impazzito, che non sa più distinguere il bene dal male, il sorriso dal pianto, la carezza dal pugno. Dover riconoscere che, alla fine, a nessuno importa quello che volevi trasmettere tu facendo quel disegno.. importa solo che quel disegno non è bello, non è nei canoni, è troppo grasso o troppo scuro di pelle, non veste bene, non parla la tua lingua e non crede nel tuo Dio. Dover riconoscere che, alla fine, le persone non vogliono più addomesticarsi tra di loro (come fanno il piccolo p
rincipe e la volpe), perchè ognuno è perso in un proprio delirio di onnipotenza, ha bisogno di essere libero, di non essere ostacolato da quel ridicolo peso che può essere un affetto. Dover riconoscere che la gente non ha più "tempo da perdere".

Addio, disse la volpe. Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
L'essenziale è invisibile agli occhi, ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.
E' il tempo che ho perduto per la mia rosa... ,sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...

martedì 27 maggio 2008

C'è chi...



C'è chi dà un'interpretazione "positiva" al testo di questa canzone. "Io non so se è proprio amore".. "so che sei la più brava a non andarsene via" .. "l'amore che posso" sarebbero le frasi che avvallano questa tesi. Lui ha le idee un po' confuse, come spesso succede all'inizio di un rapporto, sente di avere qualcosa da dare in termini di sentimento e di emozione; ha capito fin da subito che lei è una di quelle che lasciano il segno, che passano ma che restano per sempre, in un modo o nell'altro.
Io no. Io non penso sia questo il senso delle parole.. o meglio, io lo interpreto diversamente. Penso che lui vorrebbe poter credere che
il tempo sistemi le cose, che col tempo nasca ciò che non è ancora nato, che col passare dei giorni e dei mesi lei diventi quel qualcosa in più. Ma si rende anche conto che lei profuma di sesso e che quell'odore è più forte di tutto il resto. Se profumasse anche di amore, appena finito ognuno non si riprenderebbe le sue cose, anima in primis. Sarà che io ne so qualcosa, di questo consumare tutto e subito per poi tornare ad essere esattamente come prima, se non addirittura più vuoti. Sarà che so cosa vuol dire sentirsi roba di qualcun'altro e sperare magari di essere almeno roba di un certo valore. Sarà che tempo fa, ogni volta in cui sentivo questa canzone, non potevo fare a meno di immedesimarmi con questa lei. E poi, chiedermi come cazzo potevo fare per cancellare quell'odore, per fargli vedere che c'era anche altro, che potevamo perlomeno provarci, a costruire qualcosa. Come tutte le esperienze della vita, belle o brutte che siano, anche quella mi ha insegnato una lezione: che non era solo lui, quello che non riusciva a guardare oltre. Ero io la prima a considerarmi "roba", a volermi troppo poco bene per alzare il prezzo d'acquisto. Come potevo profumare diversamente, se io per prima non sentivo altro che odore di superficialità, rassegnazione e disillusione? Come potevo pretendere che dopo esserci mischiati la pelle e le ossa, lui non mi voltasse le spalle e si mettesse a dormire? Come potevo sperare che per lui fare un centinaio di chilometri non significasse solo "andare a fare sesso"?
No, non mi sono sbagliata. Lo so che il Liga dice "..e ci siamo mischiati la pelle, le anime e le ossa". Non ho dimenticato "le anime" per la strada. Solo credo che, in quelle occasioni, la mia anima non si sia proprio mescolata ad un bel niente. Sul momento non me ne sono resa conto e per un certo periodo di tempo ci sono stata male, all'idea di essermi data tutta ad un estraneo. Ma ora che conosco il vero significato del "darsi tutta", posso dire con certezza di non aver immerso completamente la mia anima in quel cocktail micidiale. L'ho preservata per altri cocktails, decisamente molto più gustosi.

lunedì 26 maggio 2008

Oggi correvo.


Oggi correvo. Rigorosamente sul lato sinistro della strada, dopo che tante volte ho incontrato la nonnina cazziatrice. Trattasi della tipica vecchietta arterio-sclerotica, che trova da far della maletta su ogni cosa e che, quindi, ha trovato anche in me la sua fonte di lamentele quotidiane. "Signorina, si sta a sinistra! " / " 'Mo insomma signorina, non gliel'hanno insegnata a lei l'educazione stradale?" / "Ah ma allora lo fa apposta signorina, nelle strade senza marciapiede si deve..." . Non ho mai sentito la fine di quella frase, come di tante altre, perchè nel frattempo continuavo a correre come se fosse stato il vento, e non una voce umana, a provocare un fastidioso effetto di fruscio nelle mie orecchie.

Comunque, oggi correvo sul lato sinistro della strada e sul lato opposto ho incrociato una signora anziana. No, non la nonnina-vigilessa. Questa signora indossava il classico grembiule da azdora (= massaia, credo sia questa la traduzione corretta) e camminava adagio adagio, aiutandosi con le stampelle. Era bella cicciotta, come solo le nonne di un tempo sanno essere. Aveva caldo e faceva fatica. E io, la solita iper-stra-mega-arci sensibile, mi sono addirittura vergognata di quello che stavo facendo. E' una cosa che mi succede sempre, ogni volta che incontro qualcuno che non può fare sport o anche solo camminare normalmente. Mi sento quasi stronza a correre davanti a chi, magari, si trova su di una sedia a rotelle spinta da altre mani. Mi sento, mio dio, esibizionista... addirittura. Beh, comunque, tutto questo per dire che fa un certo effetto, uscire, correre per la strada e incontrare dal lato apposto della striscia d'asfalto l'immagine di quello che potrebbe essere il tuo eventuale destino. E chissà, magari anche la signora ha pensato la stessa cosa: si è rivista in quella ragazzotta che sgambettava in direzione opposta alla sua. Ha ripensato a quando aveva una ventina d'anni, ancora nessun acciacco fisico, nessuna stampella ad accompagnarla ad ogni passo. Forse si è ricordata di com'era, avere vent'anni. Di com'era essere continuamente in bilico tra la tipica ingenuità adolescenziale e certe consapevolezze che il mondo, proprio a quell'età, inizia a sbatterti davanti al muso senza tanti scrupoli. O forse non si è ricordata nulla di ciò che io posso immaginare, perchè avere vent'anni quando quella signora ne aveva venti era sicuramente diverso dall'avere vent'anni oggi. Però chissà, forse comunque un minutino di gioventù sono riuscita lo stesso a regalarglielo.

domenica 25 maggio 2008

Inizio così.



Inizio così, con queste note. Ho capito che è arrivato il momento di dare più spazio a certi pensieri e allora avanti, vediamo un po' di lasciarli uscire. E allora ieri correvo e in cuffia passavano le parole di questa canzone e ho pensato a quando c'ero io sotto quella pioggia sporca. Ho pensato a quanto cazzo ci sono stata sotto quel diluvio, troppi giorni, troppi mesi. E non mi si venga a dire che pochi mesi non sono niente in confronto ad una vita intera, perchè la vita, se tutto va bene, è fatta di anni e gli anni, fino a prova contraria, sono fatti di mesi. Schiacciata in un angolo da un'evidenza così chiara da essere addirittura elementare, mi sono coperta gli occhi per non vedere, per non guardare. Mi ripetevo che dovevo lottare, che ne valeva la pena, che quel tutto che mi ero immaginata non poteva essere di colpo "solo quello". Mai come in quella fase della mia vita sono stata brava nel vedere il bello anche nelle piccole cose, nel mettere il segno "+" a giornate che di positivo avevano forse solo il sapore del caffèlatte caldo al mattino. Poi qualcosa si è spezzato ed anche il caffèlatte non c'è stato più. Poi lo schermo sul quale proiettavo senza sosta il mio film si è oscurato e il sipario si è chiuso. Quando si è riaperto, al posto dello schermo c'era un muro e io mi ci sono nascosta dietro. Non che il tempo si sia fermato, purtroppo non si è fermato, è andato avanti. Ha continuato a fare il suo dovere, è passato ma senza aspettarmi. E io lo sapevo che stava fuggendo via, perchè di tanto in tanto qualcosa riusciva ad oltrepassare il muro e a portarmi notizie dal mondo reale. Non saprei dire quante volte ho girato le spalle a ciò che sapevo di sapere, che sapevo mi avrebbe riportato in mezzo alla gente, alla voglia di ridere, alla voglia di esserci. Bè io quel muro ce l'ho davanti agli occhi ogni volta che ripenso al mio passato, ogni volta che una canzone mi prende per mano e mi riporta a certi momenti, a certe sensazioni, ogni volta che mi maledico per aver permesso a me stessa e agli altri di chiudermi a chiave in uno sgabuzzino buio. La mia paura più grande è di non riuscire a portare a termine l'obiettivo che mi sono prefissata: smantellare il muro mattone dopo mattone, anche a costo di raschiare via la calce con le unghie. E' una paura legata a certe reazioni che ancora oggi mi sorprendo ad avere quando mi imbatto in qualcosa che non mi va: chiusura a riccio, poca voglia di parlare, sclero pesante, esigenza assoluta di starmene per i fatti miei, impulso di punirmi anche quando, cazzo, non sono stata io a rubare la caramella di nascosto da mamma e papà. Poi però la paura un pò passa.. perchè penso che adesso il caffèlatte lo bevo di nuovo e, tra l'altro, mi sembra anche più buono di prima.