venerdì 28 agosto 2009

Ancora qui.



Ancora qui. Perchè non ha senso far finta di aver dimenticato il blog. Perchè non è il blog che con la sua presenza mi spinge a scriverci su. Sono io che devo scriverci su. Che lo voglio proprio.
"Ma finalmente arriva il giorno che tu fai pace con te.."
Inutile fare promesse.. sono tornata ma non so quanto resterò. Può darsi che tra 4/5 post sparisca di nuovo, sommersa non si sa bene da quale calamità naturale. Come può darsi che riesca davvero ad affezionarmi all'idea che scrivere, che io lo voglia o meno, è l'unica cosa che mi può salvare. Dalla calamità naturale non meglio specificata di cui sopra, per l'appunto.
"..capire il vento la ragione il momento.."
E in questo secondo caso allora sì che la rete, che il mondo bloggers mi avrà perennemente alle calcagna.. come una cozza testardamente abbarbicata ad uno scoglio. Che gli scogli, prima o poi, vanno affrontati. Vanno guardati in faccia e affrontati. Troppo facile dirsi che non c'è tempo, che il computer è lento e la fantasia risente della crisi. Panzane. Tutte sacrosante panzane che da qualche mese a questa parte mi sono sparata nelle cuffie con la ridicola speranza di autoconvincermene. Che poi questa è un po' la storia della mia vita: quasi 24 anni di favole. A partire da quelle che mi raccontavano o che leggevo da piccina (forse le più veritiere di tutte, concludo ad oggi col senno di poi), passando per quelle tanto potenti quanto patetiche della sempre tremenda adolescenza, arrivando a questa età che definire non so.. l'età della disillusione? Ma magari! Adesso regnano incostrate le favole dal retrogusto dolceamaro. Le favole del tipo "vedo-non vedo".. che crescere prima o poi dobbiamo farlo tutti, ma io no, io forse mi credo tanto speciale da poter auto-esonerarmi.. io ogni sacrosanto giorno afferro decisa il libretto delle giustificazioni, scrivo "assente" e a fianco appongo fiera e soddisfatta la mia illustre firma. Il libretto delle giustificazioni. Perchè, per l'appunto, mi fingo di andare ancora a scuola, io.
"..spogliarsi di ogni certezza, inseguire un canto.."
Bè comunque sono tornata. Per quanto possa valere. Cioè meno di zero. Ma i numeri negativi a cosa servirebbero, altrimenti?
"..anche se per gli altri sarà.. follia.."

venerdì 29 maggio 2009

Schifezze.


"Che succede, Pekisch?"
(...)
"Schifezze" rispose.
"Cosa sono le schifezze?"
"Sono cose che nella vita non bisogna fare."
"E ce n'è tante?"
"Dipende. Se uno ha molta fantasia, può fare molte schifezze. Se uno è scemo magari passa tutta la vita e non gliene viene in mente neppure una."
La cosa si complicava. Pekisch se ne accorse. Si tolse gli occhiali e lasciò perdere Jobbard, i tubi e le altre storie.
"Mettiamola così. Uno si alza al mattino, fa quel che deve fare e poi la sera va a dormire. E lì i casi sono due: o è in pace con se stesso, e dorme, o non è in pace con se stesso e allora non dorme. Capisci?"
"Sì."
"Dunque bisogna arrivare alla sera in pace con se stessi. Questo è il problema. E per risolverlo c'è una strada molto semplice: restare puliti."
"Puliti?"
"Puliti dentro, che vuol dire non aver fatto niente di cui doversi vergognare. E fin qui non c'è niente di complicato."
"No."
"Il complicato arriva quando uno si accorge che ha un desiderio di cui si vergogna: ha una voglia pazzesca di qualcosa che non si può fare, o è orrendo, o fa del male a qualcuno. Okay?"
"Okay."
"E allora si chiede: devo starlo a sentire questo desiderio o devo togliermelo dalla testa?"
"Già."
"Già. Uno ci pensa e alla fine decide. Per cento volte se lo toglie dalla testa, poi arriva il giorno che se lo tiene e decide di farla quella cosa di cui ha tanta voglia: e la fa: ed eccola lì la schifezza.
"Però non dovrebbe farla, vero, la schifezza?"
"No. Ma sta' attento: dato che noi non siamo calzini ma persone, non siamo qui con il fine principale di essere puliti. I desideri sono la cosa più importante che abbiamo e non si può prenderli in giro più di tanto. Così, alle volte, vale la pena di non dormire pur di star dietro a un proprio desiderio. Si fa la schifezza e poi la si paga. E solo questo è davvero importante: che quando arriva il momento di pagare uno non pensi a scappare e stia lì, dignitosamente, a pagare. Solo questo è importante. "
Pehnt stette un po' lì a pensare.
"Ma quante volte lo si può fare?"
"Cosa?"
"Fare schifezze."
"Non troppe, se si vuole riuscire a dormire ogni tanto."
"Dieci?"
"Magari un po' meno. Se sono vere schifezze, un po' meno."
"Cinque?"
"Diciamo due... poi se ne scappa qualcun'altra..."
"Due?"
"Due."
Pehnt scese dalla sedia. Camminò un po' avanti e indietro per la stanza, rimuginando pensieri e fette di frasi. Poi aprì la porta, uscì sotto la veranda e si sedette sui gradini dell'ingresso. Tirò fuori da una tasca della giacca un quadernetto viola: logoro, spiegazzato, ma con una sua dignità. Lo aprì con meticolosa cura alla prima pagina bianca. Prese dal taschino un mozzicone di matita poi gridò verso l'interno della casa:
"Cosa c'è dopo due sette nove?"
"Due otto zero."
"Grazie."
"Prego."
Lentamente e con meticolosa fatica Pehnt iniziò a scrivere:
280. Schifezze - un paio nella vita.
Stette un attimo a pensare. Andò a capo.
Poi si pagano.
Rilesse. Tutto a posto. Chiuse il quadernetto e lo infilò in tasca.

Tutt'intorno Quinnipak arrostiva al sole di mezzogiorno.



Tratto da "Castelli di Rabbia"
di Alessandro Baricco.

mercoledì 27 maggio 2009

E al diavolo tutto.



Che se cado una volta, una volta cadrò..


e da terra, da lì m'alzerò.


C'è che adesso che ho imparato a sognare, non smetterò.

mercoledì 20 maggio 2009

Oggi ho.


Oggi ho fatto colazione con caffèlatte caldo e biscotti inzuppati dentro.

Oggi ho spolverato la mia camera, spostato tutti gli oggettini-oggettucci sulle mensole e cercato di dare una parvenza di ordine al caos che puntualmente mi circonda. Nonostante tutto, nonostante l'impegno nel divellerlo.

Oggi ho corso, col "sole dritto in faccia e sotto la mia buccia che cosa mi farai" (cit. "Ti Sento" di Luciano Ligabue).

Oggi ho usato il mio immancabile bagnoschiuma al borotalco e, per la prima volta quest'anno, ho lasciato che i capelli si asciugassero in parte da soli. Fa già tanto caldo.

Oggi mi sono schizzata il naso risucchiando gli spaghetti al pomodoro.

Oggi ho usato la matita a righe gialle e nere con la punta bianca e rossa in cima - la classica matita di sempre e non l'anonimo portamine - per sottolineare il libro che sto studiando.

Oggi ho fatto acquisti: crema-corpo al lampone - fa già tanto caldo, ve l'ho detto, e ho voglia di qualcosa di fresco addosso - e taaaaanto, taaaaantissimo succo di frutta all'arancia rossa. Mi è presa voglia di arancia rossa, tutto di botto. Mai successo prima. Mai amata molto l'arancia.. bah.

Oggi ho scritto a Michela, che scriverle mi fa sempre un piacere immenso e mi pare quasi di averla qui, e non a centinaia di km di distanza. Ma prima o poi a Genova ci vengo, eccome.

Oggi ho sorriso guardando il peluche a forma di fiore vinto ieri sera alle giostre con Manu. Le giostre.. un piccolo mondo che viene e che va.. mi ci portava babbo e salivamo sugli aeroplanini senza vincere mai, oppure andavo nel calcinculo (ma quello per i bimbi e avevo addirittura paura a sbilanciarmi per afferrare il cordino - razza di bambina paurosa che sono sempre stata!- ), oppure nella giostra che gira in tondo e il mio posto era quasi sempre la carrozza della principessa o il cavallo che trotterella.


Oggi Pietro ha compiuto un mese. Sta iniziando a sorridere e credo non ci sia niente di più bello al mondo di un bimbo che sorride.

domenica 17 maggio 2009

Cose.



E' passato più di un mese ma, alla fine, sono tornata.

E' stato un mese fitto di cose, anche se chiamarle "cose" è terribilmente e orridamente riduttivo.

Innanzitutto va detto che mercoledì prossimo, mercoledì 20 maggio, Pietro compirà un mese. E' passato un mese anche per lui, il suo primo mese di vita. E' passato il mio primo mese in qualità di zia e non so davvero come spiegarvelo, come dipingervelo, come raccontarvelo. Forse è anche per questo che sono stata in silenzio così a lungo, per la mia solita irrazionale paura di sminuire gli eventi e le annesse sensazioni. Perchè quando certe "cose" sono talmente belle da lasciarmi senza fiato, io banalmente ammutolisco. Non ci provo nemmeno, mi ritengo automaticamente incapace di rappresentarle, di tradurle in parole. Mi nego il piacere, altrettanto importante credo, della condivisione. Datemi tempo, non ho intenzione di sparire di nuovo, non voglio più censurarmi.. datemi tempo e ve lo racconterò. Vi dirò com'è stato ricevere il messaggino di mio fratello: "E' nato Pietro".. d'altra parte il messaggino è ancora lì, nel mio cellulare. E so che non lo cancellerò mai.

Poi tante altre "cose". Meno mozzafiato, ma comunque "cose" di un certo spessore.

Tipo che circa due settimane fa è uscita la rivista con l'articolo che ho scritto sulla mia tesi. Ve ne avevo parlato, se non ricordo male. Vi avevo anticipato che sarebbe stato pubblicato il mio primo articolo. E anche qui.. anche qui sono ammutolita di fronte al mio nome scritto in alto, vicino al titolo. Anche qui mi sono chiusa a riccio, porca miseria.

E un'altra "cosa". Dieci giorni fa, nella casella di posta della mail universitaria, una segnalazione: in base al mio curriculum e al questionario compilato al tempo della laurea, mi veniva consigliato un corso di formazione in tecniche redazionali. Editoria, il mondo dell'editoria. Ieri l'altro: primo giorno di questo corso e già, un po' troppo ingenua e fantasiosa, mi ci sono sentita dentro, a quel mondo. Devo ancora metabolizzare, ma forse sono in tempo per evitare che le parole mi si prosciughino in bocca.. forse, tornando a scrivere qui, almeno questa "cosa" troverà il riflesso che merita.

Infine, tutta una serie di "cose" che non sono solo mie, ma che ovviamente in quel mondo arzigogolato che è la mia mente, vivo in un modo particolare.. tipo la primavera, tipo il pensiero che tra una settimana sarò a casa da sola con la micia per qualche giorno, tipo che quest'estate io e Vale ce ne andremo una settimana al mare e dire che ne ho voglia e bisogno è dire poco, tipo che mi guardo intorno e vedo sempre meno persone che mi conoscono davvero e questa cosa mi spaventa.. mi spaventa forse perchè la colpa, per buona parte, è anche mia, che non mi apro mai del tutto, che ammutolisco appunto, che piego la testa per adattarmi ad una certa immagine quando magari dentro sento tutt'altro. Tipo che sento il mio istinto gridarmi forte e chiaro di lasciarmi andare, di fare ciò che mi fa stare bene, di imparare ad essere un po' egoista, anche a costo di ferire, perchè non si può sempre sorridere e fingere, perchè forse sorridere e fingere è il vero modo di fare male, mentre essere sè stessi, a volte, è l'unica strada per essere (passatemelo) felici sul serio.

Tipo tante altre "cose" che racconterò, scriverò, vivrò.

Tipo che sono tornata e adesso vengo a salutarvi uno per uno.

lunedì 13 aprile 2009

Ecco il post sul terremoto.

Uno di voi, commentando uno dei miei precedenti post, ha scritto, tra le altre cose: ".. mi aspettavo un post sul terremoto".
Beh.. scusate per questo ennesimo prolungato silenzio.

Scusate se "sul terremoto" (lo scoop del momento, lo scandalo che fa sfregare le mani a Vespa, la notizia che fa luccicare di flash fotografici la capoccia di Silvio munita di elmetto.. la tragedia, in poche parole, che tra una settimana sarà già dimenticata) non ho avuto niente da dire.
Scusate se su tante altre piccole o grandi cose, di conseguenza, ho avuto ancora meno da dire.
E' che forse, me ne sono resa conto in questo periodo un tantinello tremendo, non sempre bisogna per forza dire qualcosa.
A volte anche il silenzio, consapevolmente o meno, puo' dire tutto quello che gli altri si aspettano da noi.
Chiudo promettendo di tornare quanto prima con le mie piccole grandi impressioni/cretinate sul mondo.
Chiudo stringendo la mano a quei porci che hanno costruito e continuano a costruire case, scuole, ospedali, studentati, l'Italia intera.. con la sabbia.
Un abbraccio forte all'Abruzzo.
Un abbraccio forte a te, Marianna, e ai tuoi cari. Che ieri, prima di iniziare un fin troppo abbondante pranzo pasquale, ci siamo fermati e vi abbiamo pensato tanto.

martedì 31 marzo 2009

"Fix you"... means for?

Mi rendo conto di avervi già tediato qualche post fa con i Coldplay.
Ma ultimamente, non so che mi prende, ste 2 canzoni mi frullano nelle orecchie in continuazione.
Stavolta, però, ho bisogno di voi.


When you try your best but you don't succeed
When you get what you want but not what you need
When you feel so tired but you can't sleep
Stuck in reverse
And the tears come streaming down your face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste.. could it be worse?
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
High up above or down below
When you're too in love to let it go
But If you never try you'll never know
Just what your worth
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
Tears streaming down your face
When you lose something you cannot replace
Tears streaming down your face and I
promise you I will learn from my mistakes
Tears stream down your face and I
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you


Chi mi traduce "I will try to fix you"?
O, meglio, chi mi spiega come si può "fissare qualcuno"?
Intendo dire.. "fissare come"?


Guardare insistentemente (e se sì, i vostri occhi dritti nei suoi o di nascosto, magari da lontano?), immobilizzare (perchè?), stabilizzare (sì, ma come?), fermare (okay, ma dove?), imprimere nella memoria, stringere (sì, ma quanto?), avvolgere in una coperta o in un abbraccio, bloccare (d'accordo, ma per quanto?)..


E come decidete, voi, chi "fissare"? Chi "fissate" voi? Solo persone che conoscete bene, che vi regalano quotidianamente emozioni e sensazioni, o anche solo sorrisi o momenti condivisi?


Non vi capita mai di "fissare" qualcuno di cui non sapete nulla o quasi?

venerdì 27 marzo 2009

Io sono contenta di essere rappresentata dalla Santanchè.. e voi?


Ieri sera ad Anno Zero si parlava del famigerato quanto tormentato decreto legge sul piano-casa.

Un giornalista che, a mio parere, c'ha 2 palle GROSSE COSI' e che di nome fa Ferruccio Sansa, ha fatto un'osservazione intelligente e perspicace, facendo notare che ciò che può dare una spintarella all'economia non è soltanto la costruzione di nuove case (che poi magari rimangono sfitte) o l'ingrandimento del 20% di abitazioni già esistenti (che uno magari per farsi la verandina chiama 2 muratori e li paga in nero). Anche e soprattutto la ristrutturazione di edifici fatiscenti e crollanti - e in Italia ce ne sono parecchi - risulta utile a questo scopo, come Sansa ha dimostrato con tutta una serie di dati alla mano.

La Santanchè, ospite anche lei in studio, non sembrava approvare le parole del povero Sansa. Questo almeno mi è sembrato di intuire nei rari momenti in cui tentava di articolare qualche frase di senso compiuto. Del resto, infatti, era tutto un sventolare di qua e di là la sua chioma da puledra selvaggia, accavallare e ri-accavallare le gambe per inclinarsi in modo da offrire alle telecamere il suo profilo migliore (ma, mi domando, ce n'è uno?), ammiccare a Vendola e ripetere più volte "dai Nichi, io e te ci conosciamo bene...." 0_o

Ma quello che penso io è: la Santanchè contraria alle ristrutturazioni.

Il colmo.

Lei è la personificazione vivente di un edificio fatiscente e crollante ristrutturato a suon di botulino.

Che strani personaggi i politici italiani...

mercoledì 18 marzo 2009

Accarezzata da una voce così.

Cullata. Accarezzata. Coccolata.

Da una voce così.

Qualcuno fermi le lancette dell'orologio.

E non svegliatemi più.