lunedì 30 giugno 2008
Ssssssht. Adesso silenzio.
sabato 28 giugno 2008
I miei sono dall'altra parte del mare.
Croazia per me è sinonimo di semplicità, di tranquillità, di ingenuità. Croazia per me è fare colazione in un tavolino per metà illuminato dal sole caldo, sollevare gli occhi dalla fetta di pane nero che sto spalmando di marmellata per tuffarli nel mare lì di fronte. E che bello quando il mare di prima mattina è piatto piatto, con tanti luccichii che si muovono sulla superficie al ritmo delle sue piccolissime onde. Croazia per me è percorrere la stradina che costeggia la spiaggia e sentirmi chiamare dai gelatai, che già alle prime ore del giorno vogliono rifilarti uno dei loro gelati dai gusti quasi tutti uguali -ecco, forse nell'Istria l'unico neo è appunto il gelato-: "Buongiorno Miss Italia, come stai?". Mi chiamano Miss Italia, questi gelatai. Mi hanno appioppato quest'appellativo un tantinello esagerato dalla prima volta che mi hanno vista (avrò avuto si e no 15/16 anni) e qualche giorno fa, appena hanno scorto i miei che si dirigevano verso la spiaggia, hanno chiesto loro dove fosse Miss Italia e di portarle i loro saluti. Croazia per me è il sapore del pesce fresco, cucinato divinamente e pagato un'inezia, rispetto ai prezzi da capogiro di una Milano Marittima o di una Riccione. Croazia per me è abbandonare quella stradina per scendere attraverso gradini di roccia nelle spiaggette più belle, quelle chiuse tra gli scogli, quelle che bastano 2 lettini per non esserci più spazio per nessuno. Quelle che alle spalle hanno una splendida villa, oggetto di tanti sogni e di tante favole immaginate scherzosamente con i miei.
Croazia per me è starmene al sole per un'oretta dopo la colazione, per poi seguire babbo -camminatore instancabile- nelle sue passeggiate in costume e sandali, lungo quella stessa stradina che porta alla fontanella per i rifornimenti di acqua fresca da portare poi a mamma. Qualche volta andiamo oltre e proseguiamo in cima al monte dove sorge il paese antico: per arrivarci non c'è solo la statale, ma c'è sempre quella stradina che però si trasforma in una lunga scalinata immersa nel verde della macchia mediterranea. Ripidissima, faticosa. Sembra di stare nello scenario di un film, che so, Indiana Jones. I gradini -gradONI- rocciosi di questa scala sono numerati: ogni cento trovi il numero corrispondente..100, 200, 300..in tutto sono 756, se non ricordo male. Spesso io, drogata della corsa, me li sono fatti tutti di corsa, nonostante le mie gambine corte implorassero pietà. L'ultimo tratto è sempre al sole, così quando arrivi in cima, tutto sudato, anche tu sei luccicoso come il mare. Sbuchi ai piedi delle vecchie mura, ma mancano ancora una cinquantina di gradini per essere nel centro del paesino. Attraversi i viottoli stretti chiusi dalle casette di pietra e giungi nello spiazzo retrostante la chiesa. Sei nel punto più alto, guardi giù e vedi piccola piccola la spiaggia dove mamma si sta abbrustolendo e vorresti tuffarti da lassù, perchè il mare non ti è mai sembrato tanto bello.
Croazia per me è prendere il battello che ti porta nell'isola di Cherso, solitaria, selvaggia, misteriosa. Croazia è non aver bisogno della discoteca o del bagno figo dove andare a ballare la sera, basta apprezzare le piccole orchestrine che suonano dentro all'hotel di fianco al tuo, dalla tipica forma quadrata. Croazia per me è quel gruppo di bambini che, una sera, al tramonto, nel paese antico giocava a calcio in un campetto improvvisato. Croazia per me è il micino di quel piccolo ristorante che, mentre spilucchi il tuo piattone di astici, ti guarda ansioso, perchè sa che tutto quello che avanzerà sarà suo. Croazia per me è spostarsi un pochino nell'interno e trovare uno scenario completamente diverso dall'atmosfera turistica e piacevolmente ovattata della costa; uno scenario che ha conosciuto la guerra e la fame e che non si nasconde, anzi, si racconta nelle parole del gestore anziano del ristorante, che ti guarda sorridente mentre ti porta un vassoio colmo di pesce e ti offre la grappa della casa.
lunedì 23 giugno 2008
sabato 21 giugno 2008
Fly away on my zephyr...
...we'll find a place together???
lunedì 16 giugno 2008
Nostalgia di Inzaghi

Donadoni ha cercato di rimettere in linea di galleggiamento la manovra, con Cassano (prima) e con Quagliarella (poi), quando è apparso evidente che, ancora una volta, Alex Del Piero si era perduto nei meandri di una partita azzurra, ma il suo è stato sostanzialmente un buco nell’acqua. Manca la controprova, ma se in panchina ci fosse stato il cecchino che in Europa ha segnato come Gerd Müller, forse sarebbe stata tutta un’altra musica. Pippo Inzaghi nidifica nell’area di rigore, è abilissimo a mimetizzarsi tra i difensori, è una sorta di rabdomante del gol. La sua specialità sono i palloni senza una logica, quelli sporchi, sghembi, disperati: giusto quelli che gli azzurri hanno pompato verso la porta di Lobont in maniera soltanto rabbiosa. Avesse dato retta allo strepitoso finale di stagione del milanista, il c.t. si sarebbe dotato di una seria alternativa allo schema che prevede la ricerca insistita di Toni.
Inzaghi poteva essere la chiave di emergenza per le partite chiuse a doppia mandata. Invece ci ritroviamo a maledire la iella, il pallone che non voleva entrare in porta e l’arbitro cornuto. Bocciando a suo tempo Superpippo, Donadoni aveva compiuto una scelta di rottura ma venerdì a Zurigo, quando c’era da far capire a Del Piero che non era il caso di insistere, ha rinunciato pure alla coerenza, ignorando Totò Di Natale, l’attaccante che più di ogni altro aveva caratterizzato la sua Italia post-Mondiale. Nel tentativo di sterzare dopo la sbandata con gli olandesi, il c.t. ha così messo alle spalle due anni di lavoro esibendo fin dal primo minuto il 4-3-1-2, che di tutti gli schemi in dotazione alla nostra nazionale era il solo ad essere stato utilizzato per i ritagli di partita.
Ripescate dalla naftalina pure le due punte, impiegate una volta soltanto a Saint- Denis quando i francesi ci suonarono per 3-1 subito dopo il Mondiale tedesco (6 settembre 2006): allora, peraltro, il quadro tattico era stato differente, e si era articolato attraverso un 4-4-2 mai più riproposto. Insomma, questo vero e proprio ribaltone, accentuato dal pesante rimpasto della squadra (di difficile comprensione la rinuncia ad Ambrosini per Perrotta nel ruolo di centrocampista di sinistra del rombo), sa tanto di navigazione a vista. E se, come verosimilmente potrebbe essere, martedì andremo a caccia della prima vittoria (senza rigori) sui francesi dopo trent’anni aggrappandoci ad ulteriori correzioni di rotta—dal lancio full time di Cassano al ripescaggio di Di Natale —, la sensazione di precarietà potrebbe accentuare il rimpianto dell’Italia che avevamo sognato e che difficilmente ritroveremo più.
Alberto Costa
giovedì 12 giugno 2008
Credo.
Credo che c'ho un buco grosso dentro..
Credo che la voglia di scappare da un paese con 20.000 abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso..
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perchè comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri..
Credo che per credere, in certi momenti, ti serve molta energia.
lunedì 9 giugno 2008
Che grande che sei.
venerdì 6 giugno 2008
martedì 3 giugno 2008
Ieri babbo mi raccontava...
